Si è pronunciato in questi giorni il Consiglio di Stato sul tema delle specializzazioni mediche con sentenza pubblicata in data 19 marzo 2024. Il Consiglio di Stato, Sezione VII, dichiara, in riforma della sentenza appellata, l’improcedibilità del ricorso proposto in primo grado e dell’appello per cessazione della materia del contendere.
Parte ricorrente effettuava una prima iscrizione per l’anno accademico 2019/2020 presso la scuola di specializzazione di un Ateneo; tuttavia, nell’anno accademico successivo 2021-2021 si sottoponeva anche al successivo concorso, risultando idoneo vincitore; veniva così immatricolata presso la stessa Scuola di Specializzazione ma di un altro Ateneo italiano. Pertanto, rassegnava le dimissioni dalla Scuola ove si era precedentemente immatricolato precisando che le dimissioni dovevano intendersi quale atto obbligato ai fini dell’immatricolazione alla nuova scuola assegnata al fine di evitare l’alea del giudizio e il rischio connesso a tutte le iscrizioni con riserva e non definitive.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto fondato l’assunto difensivo secondo cui deve sempre valutarsi sia l’avvenuto decorso del tempo rispetto alla prima iscrizione effettuata per l’anno accademico precedente presso la scuola di specializzazione, sia le ragioni specifiche sottese alla seconda iscrizione effettuata per l’anno accademico successivo presso la stessa scuola di specializzazione in altro Ateneo.
Su tale posizione il giudice di prima cure si era invece espresso negativamente, impedendo alla ricorrente di beneficiare del periodo formativo già svolto.
La decisione del giudice di prime cure è, dunque, ingiusta e contraddittoria, in quanto le dimissioni dell’interessata sono intervenute per essere stata la stessa vincitrice del successivo concorso; il TAR ha impedito al ricorrente di fruire e beneficiare del periodo già svolto.
Negli ultimi anni, il tema delle specializzazioni mediche è stato oggetto di numerosi contenziosi. Il diritto allo studio degli specializzandi viene ostacolato, così come nel caso di specie, anche dal mancato riconoscimento del periodo formativo già svolto in forza di un provvedimento giudiziale. Negazione, che, nei fatti, non permette agli specializzandi di svolgere il proprio percorso di studi serenamente, benché in possesso dei requisiti necessari, al netto degli esami sostenuti e riconosciuti, per poter quindi ottenere l’immatricolazione all’anno successivo, anche in una sede diversa rispetto a quella dell’anno di prima immatricolazione. Inoltre, nel caso in questione, vi è stata una palese disparità di trattamento, in quanto ad altri ricorrenti, che non avevano passato il concorso successivo, veniva riconosciuto il consolidamento, mentre alla ricorrente si impediva di beneficiare del percorso svolto e della carriera pregressa.
Il Giudice di seconde cure ha precisato difatti che “Peraltro, come segnalato da ultimo alla udienza di discussione dalla difesa dell’appellante, vi sarebbe anzi tutto l’interesse delle Istituzioni universitarie a riconoscere la carriera già effettuata, derivando dalla tempestiva conclusione del percorso formativo presso la seconda scuola di specializzazione il conseguente risparmio di spesa per mancata ulteriore erogazione delle borse.”
Del resto il superamento degli esami della scuola di specializzazione, d’altronde, come documentato in Consiglio di Stato, comprova già nei fatti la realizzazione della esigenza formativa cui era preordinata l’iniziativa giudiziale intrapresa e, quindi, il soddisfacimento dell’interesse sostanziale azionato in giudizio.
“Oltre a ciò, il permanere degli effetti giuridici del percorso di specializzazione universitaria utilmente intrapreso si pone in linea con il principio della conservazione degli atti giuridici (nella specie, gli attestati e le certificazioni di superamento degli esami universitari sostenuti) e appare conforme all’interesse pubblico finalizzato al soddisfacimento del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo. Infine, ad ulteriore supporto delle conclusioni cui è pervenuto il Collegio milita l’ulteriore considerazione, secondo la quale deve ritenersi meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico l’interesse a che gli esami non si svolgano inutilmente e che la durata dei processi non ne renda incerto l’esito, frustrando le legittime aspettative del privato, che abbia superato le prove di esame.
Trattasi di una pronuncia importante volta a ribadire non solo l’orientamento giurisprudenziale circa il principio del consolidamento anche in procedure a numero chiuso, non idoneative e ove si assegna una abilitazione; ma che ribadisce tale principio in presenza di una presunta “rinuncia” tacita e “vittoria” al concorso successivo con convalida e consolidamento della carriera pregressa, da riconoscersi nell’interesse della stessa pubblica amministrazione che nel caso di specie converge con quello del privato sub specie di risparmio per l’erario di un anno di studi retribuito con borsa di studio.
Il Collegio di seconde cure prende atto della circostanza che parte ricorrente aveva dimostrato sul campo la propria idoneità ad affrontare il percorso di studi ambito.